Da una parte il diffondersi della tecnologia, e dell'interattività che questa rende possibile in una molteplicità di ambiti; dall'altra la maturazione e la diffusione dei videogiochi e dell'immaginario videoludico in una varietà di contesti. Ovvero due elementi che hanno portato, negli ultimi trent'anni, a un costante potenziamento della componente ludica all'interno dell'arte contemporanea: di questo si è parlato a "Playtime. Dimensione ludica e new media art", tavola rotonda che si è tenuta il 30 giugno a Torino in occasione di SEIMETRICUBI.
Moderata da Domenico Quaranta, ha visto avvicendarsi Piero Gilardi, artista torinese noto per le sue sperimentazioni tra arte e tecnologia; Carlo Infante, docente di culture digitali e performing media; Coniglio Viola, eclettico collettivo di net artisti; Matteo Bittanti, personalità di spicco nell'universo videoludico italiano; Valentina Tanni, critica d'arte, curatrice e fondatrice di ExiWebArt e di Random; e Mauro Ceolin, il geniale artista autore di rgbproject.
A seguire, un breve sunto dei diversi interventi...
Moderata da Domenico Quaranta, ha visto avvicendarsi Piero Gilardi, artista torinese noto per le sue sperimentazioni tra arte e tecnologia; Carlo Infante, docente di culture digitali e performing media; Coniglio Viola, eclettico collettivo di net artisti; Matteo Bittanti, personalità di spicco nell'universo videoludico italiano; Valentina Tanni, critica d'arte, curatrice e fondatrice di ExiWebArt e di Random; e Mauro Ceolin, il geniale artista autore di rgbproject.
A seguire, un breve sunto dei diversi interventi...
Piero Gilardi
"Nel '68 abbandono l'arte tradizionale per abbracciare la sperimentazione tecnologica. Utilizzo la tecnologia a scopi relazionali, anche perché fuoriesce dalla dinamica di leadership che faceva da traino per i movimenti artistici degli anni '70. Mi viene ad esempio in mente Dario Fo, e come il suo carisma fosse parte fondamentale del suo seguito; penso però che un linguaggio basato su una componente impersonale, come quella tecnologica, sia più consono a un concetto di 'arte' che voglia diffondersi ed essere compresa da un pubblico il più vasto possibile. Ma soprattutto è proprio la tecnologia a rendere possibile l'inserimento di un elemento ludico all'interno di un'opera: così che il gioco possa diventare, per sua stessa natura, fulcro di quelle relazioni che possono andare ad instaurarsi tra l'opera e il suo fruitore, o fra spettatori diversi impegnati a interagire con una stessa opera. E consideriamo poi come il gioco si configuri come un flusso, un flusso capace di assumere caratteristiche rituali e portare i giocatori a un riconoscimento reciproco e a una riflessione sulla loro relazione e sul loro rapporto con una varietà di stilemi culturali. Una caratteristica, questa del gioco, estremamente interessante e sfruttabile proprio a fini di trasformazione sociale: come le biotecnologie giocano con le regole della vita, mutandola per permetterne un'evoluzione, così un gioco che cerchi, paradossalmente, proprio 'di cambiare le regole del gioco' permette alla società di mutare, di mutare per evolvere."
Carlo Infante
"Gli esperimenti di Krieger con l'augmented reality, nei primi anni '80, sono stati per me un colpo tra capo e collo: un colpo che si è però rivelato utile, perché non ha fatto altro che rafforzare quella che oggi è la tesi alla base delle mie riflessioni. Ovvero: alla base di qualsiasi forma d'interattività c'è il teatro, e parlare di performing media significa parlare di una drammaturgia dell'interattività. Ed è proprio tale forma di drammaturgia che dovremmo cercare di ricreare all'interno dell'opera contemporanea, così come accadeva con il Mandala System, e come oggi potrebbe accadere con la realtà virtuale. Di fatto, la stessa realtà virtuale affonda le sue radici nel teatro, portando quella drammaturgia dell'interattività ai massimi livelli: perché con la realtà virtuale vedere qualcosa significa abitarla. E questa dell'abitare è ormai un'esperienza non solo propria della realtà virtuale, ma di tutti quei contesti audiovisivi dove l'interattività assume un ruolo forte, come nei videogiochi; contesti che rendono ormai obsoleto parlare di punto di vista: dovremmo, o meglio dobbiamo parlare di punto di vita. Punto di vita: un concetto importante, che vi servirà da grimaldello per tutte le vostre future riflessioni"
NdSplash: le prime sperimentazioni con l'augmented reality non risalgono a Krieger, ma a Sutherland e Sproull (siamo nei primi anni '60...)
Coniglio Viola
Molto divertente l'intervento di Fabric'e Coniglio e Andrea raViola, i simpatici personaggi che si nascondono dietro l'etichetta di Coniglio Viola; oltre a illustrare alcuni tra i loro lavori (come La meditazione di Yolanda e Un'estate al mare), hanno spiegato come la figura del Coniglio Viola vada intesa come quella di un traghettatore, col compito di portarci dallo spazio reale allo spazio del web... uno spazio da intendersi alla stregua di uno spazio concreto, seppur innegabilmente virtuale. E hanno rivelato come amino giocare con un'interattività che non possa propriamente considerarsi interattività, ma quasi come una negazione di sé stessa: rifletti netsurfer, e lascia che il browser si faccia regista delle tue visioni...
Matteo Bittanti
Un fiume in piena l'intervento di Matteo, riprodurlo tutto richiederebbe un libro intero! possiamo però cercare d'individuarne i punti salienti:
- l'essenza del vg non sta nel produrre immagini (compito già egregiamente assolto dal cinema) ma nel dare a un giocatore la possibilità di manipolare immagini. E il concetto di manipolazione torna al centro del vg anche considerando come si tratti di un medium fondamentalmente tattile: sono infatti proprio le nostre dita il vero tramite d'interazione col mezzo videoludico!
- videoludismo?? Meglio parlare di technoludismo. E prendere in considerazione la dimensione religiosa che lo pervade: giocare è un rito, spesso connotato da tratti di fanatismo (pensiamo al ragazzino che si fa evangelista di una causa del tipo "ps2 über alles"), sicuramente impregnato da componenti sociali (vedi l'importanza dei bragging rights: il piacere di battere i propri amici o di trovarsi al top di una tabella high score)
- i videogiochi, più che dei testi, sono delle pratiche socioculturali: non possiamo tralasciare la dimensione esperienzale e quella culturale insite in qualsiasi pratica ludica, e di gran lunga più interessanti della dimensione formale tipica di ogni gioco
- come pratiche socioculturali, i videogiochi possono farsi portatori di un'ideologia, e lo fanno in maniera forte: perché non si limitano a dirci qualcosa, ma ci rendono attori partecipanti all'interno di un mondo possibile, portando la dimensione dell'azione in primo piano e comunicando attraverso un 'fare' piuttosto che attraverso un 'dire'. E al proposito, comincia a farmi riflettere la sempre maggiore diffusione di vg a tema militare, per l'enorme potenziale propagandistico che racchiude. Penso ad America's Army, il vg sviluppato dall'esercito americano per attrarre nuove reclute tra le sue fila, e al fatto che il 30% dei suoi giocatori abbia compilato un form per un primo colloquio con l'esercito; a Full Spectrum Warrior, a Close Combat: First to Fight, a Kuma War, a Ghost Recon 2, a Conflict Desert Storm II, a Operation Flashpoint, e a come ognuno di questi giochi rappresenti i soldati americani nel ruolo di salvatori del mondo o comunque di difensori della libertà; a Shellshock: Nam '67, vero e proprio caso di revisionismo storico; a come Command & Conquer: Generals sia stato vietato in Germania perché considerato vero e proprio caso di propaganda. Forse Grossman, con il suo "Stop Teaching Our Kids To Kill", non aveva tutti i torti...
L'intervento di Valentina, dal titolo "videogiochi geneticamente modificati" (un tributo alla mostra L'oading, che si è da poco tenuta a Siracusa), si è occupato del fenomeno delle patch e dei mod, ovvero di tutti quei tentativi finalizzati a modificare in qualche modo i contenuti di un videogioco già esistente. Lasciando da parte il fenomeno nella sua globalità, che nasce già nel 1981 con la General Computer Corporation (fondata dal trio Curran, Macrae, Tylko), è stato interessante scoprirne la declinazione in chiave artistica. Ovvero, il lavoro di decostruzione/ricostruzione del videogioco come pratica finalizzata a riflessioni tanto autoreferenziali quanto dirette a diversi tra gli ambiti del sociale. Un lavoro che ha preso avvio con Ars Doom, presentato ad Ars Electronica nel '95, fino ad arrivare a mod piuttosto toccanti quali Survivor 9/11, passando per i lavori di jodi, retroyou, Arcangel Costantini, Corby&Baily, Delire, Victor Siu-Le, Nullpointer, Chiara Passa, Gentian Shkruti (...giusto per citare i nomi più importanti). Utilissimo scoprire come esista una sorta di portale dedicato proprio ai "videogiochi geneticamente modificati" dove è possibile consultare un poderoso archivio sul tema nonché trovare informazioni, sorgenti e quant'altro per avventurarsi in questo mondo di mod: selectparks.net
Mauro Ceolin
Mauro ha illustrato alcuni tra i suoi lavori (andateveli a vedere qui), evidenziando e motivando alcune delle proprie scelte artistiche:
- "lavoro sui ritratti e sui paesaggi, perché capisaldi di tutta la storia dell'arte"
- sulla serie GAME.People: "un tributo ai game designer, artisti e creatori dell'immaginario contemporaneo"
- sulla serie paintGame: "più che come videogiochi, vorrei che questi lavori venissero visti come quadri animati. In rapporto ai videogiochi, la mia è infatti un'operazione trasformativa: della funzione primaria del mezzo videoludico, che da strumento per intrattenere diventa strumento per comunicare; e conseguentemente della sua forma, che perde tutti quegli elementi, quali il punteggio, che hanno ragion d'essere soltanto in un'ottica prettamente ludica"
aiaaiai:
ndsplash ma come ti viene in mente di fare un appunto ad una trascrizione di un intervento orale?
1. ripeti un errore (grave) si chiama Krueger
e poi definiva quella tecnologia Realtà Artificiale (xkè mi mettete in bocca parole non pronunciate?... non non è qui il problema... le trascrizioni sono cosi...ma farci le pulci su è ridicolo)
2. quelle esperienze di Kruger sono degli anni 7o e sono comunque conseguenti a quelle di Sutherland e company
ma sai dov'è la discriminante:
c'è chi legge le cose sui libri e chi vive esperienze dirette, promuovendo in prima persona...
ma non è qui il problema
farei la figura del matusalemme dell'evanguardia...
vogliamo parlarne
scrivimi
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